Medici Lorenzo di Piero de'
Full Name
Medici Lorenzo di Piero de'
Vernacular Name
Lorenzo il Magnifico
Birth Date
01-01-1449
Death Date
08-04-1492
Biography
È senza dubbio uno dei personaggi più importanti nella biografia filelfiana non solo per il rapporto di corrispondenza, principalmente in volgare, che F. intrattenne con lui, ma anche per gli scambi di libri, per le copie delle opere inviategli, nonché per la dedica del trattato De morali disciplina e per il perduto opuscolo De ideis. Già intrapreso col padre Piero un tentativo di riavvicinamento dopo i violenti contrasti che portarono F. a fuggire da Firenze, il poeta riuscì con Lorenzo a restaurare un rapporto per anni interrotto e trovò nel Medici un punto di riferimento culturale, come pure un sostegno finanziario cui ricorrere. Molto prima di fargli ottenere la cattedra allo studio di Firenze, Lorenzo aiutò materialmente F. in varie occasioni, tutte documentate dalla corrispondenza del nostro, a cominciare dal 21 novembre 1469 (Ep. XXXI 29), quando F. ringrazia Lorenzo per il dono di 25 ducati, e successivamente pressoché tutte le lettere volgari comprese tra la fine di dicembre 1471 e il febbraio 1473 riguardano richieste di aiuto finanziario in modi e forme diverse, per lo più relative al debito contratto presso la filiale del banco Medici di Milano. È opportuno osservare, però, che non tutte queste richieste vennero esaudite e, quando lo furono, necessitarono di ripetuti e insistenti solleciti, come nel caso del tanto sospirato salvacondotto per attraversare la Toscana in vista del viaggio di F. a Roma. La corrispondenza diretta a Lorenzo inizia subito prima della morte di Piero con l’evidente scopo di entrare nelle grazie del giovane rampollo destinato, di lì a poco, a subentrare al padre nella gestione del potere. Si contano complessivamente 12 lettere latine (XXXI 24, 29, 43 indirizzata anche a Giuliano, 45, 47, 51; XXXII 27; XXXIII 31; XXXVII 2; XXXIX 7; XLI 23; XLII 1) scritte tra il 1469 e il 1475, con una netta concentrazione tra la fine del 1469 e tutto l’anno successivo. Appartengono al 1470 anche due interessanti carmi epistolari (rispettivamente del 3 febbraio e 21 aprile), conservati in originale autografo (ms. BNCF, II II 62, cc. 107r-108v, editi da Rosmini, Vita,II pp. 349-350), in cui F. inneggia a Lorenzo quale ottimo princeps allo scopo di mostrare al giovane il proprio talento poetico. Prevalentemente occupate da lodi o brevi panegirici rivolti alla persona del Magnifico, le lettere latine toccano anche altri argomenti quali lo scambio di libri, in particolare di una copia di Appiano (oggetto anche di alcune lettere volgari) e l’invio di un eulogio per Borso d’Este, con cui F. intende dare a Lorenzo un ulteriore saggio del proprio talento allo scopo di indurlo ad assumerlo al suo servizio. Si segnala anche l’invio di copie di lettere destinate ad altri corrispondenti che o per il loro argomento (è il caso di Ep. XXXIV 22 a Francesco d’Arco del 13 novembre 1471, riguardante la nozione di alchimia e necromanzia [ASFi, MAP, XXVI 58]; così pure la lettera estravagante ad Antonello Petrucci del 17 marzo 1481 [ASFi, MAP, XLI 105], edita da Rosmini, II pp. 492-493) o perché trattavano di libri che F. avrebbe desiderato consultare (vd. Ep. XXXIII.17 a Giovanpietro Arrivabene del 5 luglio 1471, riguardante il commento alle Verrine di Asconio Pediano [ASFi, MAP,XXVII 396 con biglietto comitatorio XXVII 397]) potevano interessare anche a Lorenzo e per questo gli furono inoltrate. Estremamente significativa, infine, l’epistola XXXVII 2, in cui, com’è noto, F. espone al Magnifico la propria posizione all’interno del dibattito sulla lingua latina che aveva visto opporsi alcuni anni prima Leonardo Bruni e Flavio Biondo (cfr. Tavoni, Latino, grammatica, pp. 170-181, 281-296). Dal 1475 la corrispondenza dell’epistolario canonico diretta a Lorenzo si interrompe, il che non stupisce dal momento che F. era stato assunto da papa Sisto IV allo Studium Urbis e negli stessi anni andavano peggiorando i rapporti tra la Santa Sede e il Medici, generando una tensione crescente che sarebbe sfociata nella congiura dei Pazzi (1478). Nelle lettere “pubbliche”, quindi, F. non poteva rischiare di compromettere la sua posizione presso la Curia, anche se è bene ricordare che la versione ultima dell’epistolario filelfiano affidata al ms. Trivulziano 873 è incompleta per guasto meccanico e, dunque, non possiamo sapere se, dopo il 25 maggio 1477 (data dell’ultima lettera a noi giunta), F. inserì nel suo epistolario altre lettere al Magnifico. Di certo sappiano che, subito dopo la congiura, scrisse una lettera in volgare per manifestare la propria simpatia, offrendo anche i propri servizi al Magnifico e, cosa ancor più importante, fu autore di due lettere latine a Sisto IV, dal tono estremamente forte e critico nei confronti della condotta del pontefice (cfr. Fabbri, Tra politica, clientelismo e filologia, con edizione della prima lettera). Sempre a causa del’incompletezza della silloge trivulziana, non possiamo sapere se F. avesse inteso includere nell’epistolario anche queste lettere, che godettero di una discreta fortuna (ad oggi sono tràdite da 4 codici). Riguardo al coinvolgimento di F. nella propaganda medicea successiva alla congiura dei Pazzi, mi pare che non sia stato finora messo sufficientemente in evidenza che il motivo più urgente che spinse il nostro a schierarsi dalla parte del Magnifio fu quello di ottenere la revoca del bando che ancora pendeva sulla sua persona all’interno del dominio fiorentino, ragione per cui aveva bisogno di salvacondotto per attraversare quel territorio: l’essere «rebandito», come chiede a Lorenzo nella citata lettera del 20 maggio 1478, era il primo passo da fare per realizzare il suo progetto, ovvero quello di tornare a insegnare presso lo Studio fiorentino. Questo fatto ci permette anche di inquadrare meglio il comportamento di Lorenzo che, se da un lato non rifiutava di prestare aiuto al F., dall’altro, di certo memore dei passati trascorsi riguardanti il nonno e il suo rapporto col Tolentinate, non aveva però ritenuto opportuno cancellare quel pesante provvedimanto emanato nel 1434. Per quanto concerne la corrispondenza volgare siamo di fronte ad un numero assai maggiore di lettere (41) rispetto all’epistolario canonico, prodotte nell’arco temporale che va dal maggio 1469 fin quasi alla morte del F: l’ultima lettera al Magnifico è scritta pochi mesi prima di lasciare definitivamente Milano alla volta di Firenze (ASFi, MAP 38, 139, del 2 aprile 1481). Anche in questo corpus, come per l’epistolario canonico, si registra un silenzio totale tra il settembre 1475 e l’8 luglio 1477: in questa data F. comunica a Lorenzo di aver da tempo abbandonato Roma. Il picco di maggiore frequenza nell’invio di epistole al Magnifico si ebbe nel 1472 e all’inizio dell’anno successivo: durante questo periodo, infatti, venuto meno il cardinale Bessarione (morto il 18 novembre 1472), uno dei principali sostenitori del F., questi pensò di trovare nel Magnifico un adeguato sostituto. Oltre alle numerose richieste di aiuto, sia materiale che sottoforma di agevolazione nella restituzione del prestito, F. ricorse a Lorenzo anche per evitare di perdere i preziosi libri greci che aveva dato in pegno all’usuraio. Nell’incertezza della propria situazione a Milano dopo la morte di Francesco Sforza, F. a più riprese cercò di farsi assumere allo studio fiorentino o pisano per intercessione di Lorenzo. Molte, tuttavia, sono le lettere di altro tono, quelle in cui F. raccomanda il Magnifico di agire con cautela e lo mette al corrente delle notizie politico-militari di cui egli ha notizia, svolgendo un inedito ruolo di emissario e informatore. Infine, è da segnalare l’invio di un’elegia greca (con lettera comitatoria in volgare) dedicata a Ludovico Gonzaga, marchese di Mantova, probabilmente da identificarsi nella prima del secondo libro De psycagogia (dell’intera opera abbiamo il ms. autografo BML, Pluteo 58, 15). Al nome di Lorenzo de’ Medici – come già a quello del padre Piero – è legata la vicenda redazionale e la storia della diffusione della Sphortias (cfr. Gionta, Autografi filelfiani): l’11 agosto 1472 insieme con l’invio del nono libro, F. comunicava a Lorenzo di aver iniziato il decimo – in cui avrebbe trattato il periodo relativo alla rotta di Caravaggio del 1448 fino alla presa di Milano da parte dello Sforza (febbraio 1450) – e lo sollecitava a riflettere se ci fossero eventi relativi alla città di Firenze o a suo nonno Cosimo che egli desiderasse fossero celebrati, cogliendo ancora una volta l’occasione per offrire i propri servigi poetici (cfr. Bottari, La Sphortias). Con la lettera del 23 luglio 1473 F. annunciava a Lorenzo l’invio del proemio del De morali disciplina, che l’autore presenta come una sorta di palinodia o riscrittura delle Commentationes de exilio, opera che Cosimo, per tramite di Nicodemo Tranchedini, gli aveva chiesto a più riprese di distruggere. Sempre dalle lettere volgari è possibile ricostruire altri stadi redazionali, per cui ad una interruzione (6 febbraio 1474) dovuta al fatto che, dopo l’invio del proemio al terzo e al quarto libro, Lorenzo non aveva dato a F. alcuna notizia o parere circa l’opera, in seguito, (7 dicembre 1474) F. faceva sapere a Lorenzo che il trattato aveva ricevuto apprezzamenti da Donato Acciauoli e da altri intellettuali fiorentini, cosa che spinse F. a proseguire nella composizione, finché il 14 gennaio 1475 prometteva al Magnifico di portare in primavera l’opera terminata a Firenze, dove si sarebbe fermato nel suo viaggio da Roma alla volta di Milano. Ad oggi non si conoscono copie manoscritte dell’opera, che è tradita soltanto dall’edizione curata da Francesco Robortello nel 1552 (De morali disciplina libri quinque, Venetiis, apud Gualterum Scottum; cfr. Robin, Filelfo in Milan, pp. 141-166, con ristampa del libro I pp. 226-246; sulle fonti del trattato cfr. Kraye, Filelfo on Emotions, Virtues and Vices). Direttamente connessa con la precedente opera è la questione relativa al cosidetto opuscolo De ideis, inviato nel 1473 sia a Lorenzo (lettere del 6 e 29 maggio) che a Ficino (lettera in greco del 30 ottobre, Ep. XXXVIII.20). In quest’ultima, F. si dice felice che il filosofo abbia letto la sua opera e che l’abbia trovata conforme alla verità della dottrina platonica. In assenza di documenti, non è dato sapere se l’opuscolo costituisse, come è verosimile, un adattamento dell’epistola di identico argomento inviata alcuni anni prima a Domenico Barbarigo (Ep. XXII 1, del 13 aprile 1464) o un abbozzo di quello che poi sarebbe diventato il De morali disciplina (nel cui primo libro è contenuta un’ampia digressione su questo tema); certamente, sia il De ideis che il De morali disciplina facevano parte della strategia filelfiana di autopromozione per ottenere una cattedra allo Studio fiorentino in un momento particolarmente critico della sua carriera, alla ricerca di una nuova e più remunerativa sistemazione fuori da Milano (cfr. Kraye, De ideis; Bianca, Dispute tra platonici e aristotelici, pp. 245-246). Solo nel 1481 F. riuscì nell’intento di ritornare ad insegnare a Firenze, ma, com’è noto, prima di poter tenere anche una sola lezione, morì a pochi giorni dal suo arrivo in città. Le indigenti condizioni economiche in cui versava il F. fecero sì che Lorenzo si occupasse delle spese funebri e della sepoltura all’Annunziata, come risulta dagli epitaffi e distici composti da Niccolò Seratico in morte di F. (cfr. Rosmini, Vita, II pp. 494-495). Abbiamo conferma del ruolo giocato da Lorenzo nelle esequie del poeta dalla viva voce del Magnifico che, nella lettera inviata a Milano al segretario ducale Bartolomeo Calco il 4 settembre 1481, comunicava di essersi fatto carico - e avrebbe continuato a farlo a sue spese - delle pratiche legali inerenti alla morte del F. per la sistemazione delle questioni pendenti, assicurando il Calco che le figlie e gli altri parenti sarebbero rimasti soddisfatti del suo operato [cfr. Lorenzo de’ Medici, Lettere, VI (1481-1482), n. 513 e note di commento]. Sia a titolo di risarcimento delle spese sostenute, sia per le pendenze finanziare ancora in essere presso il banco Medici, Lorenzo entrò in possesso di molti libri del F., ad oggi conservati nella Biblioteca Laurenziana (vd. sezione Bi.Phi.V.).
