Credo ve recordate de quanto per un’altra mia lettera

sempre con ogni fedelissima sobgectione a la vostra illustrissima segnoria.

F. ricorda a Bona di Savoia quello che le aveva scritto in un’altra epistola (vd. Lettere volgari 108), ovvero che avrebbe voluto passare il resto della propria vita a Milano, dove aveva già abitato per 38 anni. Desiderava infatti esercitare il proprio ingegno per celebrare gli Sforza e porre fine agli stenti in cui si trovava. Chiede alla duchessa uno stipendio uguale a quello che percepiva sotto Francesco Sforza, di seicento ducati l’anno. Afferma che se gli avesse accordato questa somma, avrebbe continuato la composizione della Sforziade: otto libri si trovavano nella libreria del castello di Pavia, e ne mancavano ancora sei, per un totale complessivo di tredici volumi. Una volta terminata l’opera, ne avrebbe iniziate altre per esaltare la figura di Gian Galeazzo. Domanda infine il prestito di mille ducati da aggiungere alla provvisione, che avrebbe restituito in dieci anni, di cui necessitava per il matrimonio di una figlia di 18 anni e per riscattare i propri pegni.