Forse, vir magnifice, sarete maravigliato che io non sia venuto

d’alchun’altro no. Vale praesidium et dulce decus meum.

F. spiega a Lorenzo perché non fosse più partito per Firenze e Roma, come aveva affermato. L’arcivescovo Pietro Riario aveva promesso sia a F. sia a Cicco Simonetta l’incarico, ma preferì andare fallito piuttosto che onorare il debito, ovvero passò a miglior vita. F. esprime così la sua intenzione di recarsi a Venezia, dopo una lettera ricevuta dal procuratore di San Marco, Luigi Foscarini. Spera in questo modo di offrire un importante servizio al Medici, avvisandolo che possiede molti amici tra i maggiorenti veneziani. Gli chiede poi di riscuotere alcuni suoi pegni dal valore di 390 libbre della moneta milanese (libri greci e latini e vestiti), che si trovavano presso un altro usuraio, il quale gli aveva concesso di non pagare l’usura. Lo prega di adoperarsi il prima possibile e di far spedire questi beni a Venezia. A tergo scrive che gli avrebbe mandato il proemio del quarto libro del trattato De morali disciplina se avesse risposto agli altri tre proemi inviati.