Quaesieram a me quid sentirem de versu illo pentametro in prima Heroidum epistola

cum oculos in tracti iterum corporis atque lacerati convertissent prodigiosam deformitatem, aspectu ipso, dum amitterentur, expaverint. Vale.

Su richiesta di G. Paveri Fontana, che lo aveva consultato in proposito, F. affronta analiticamente la questione di un verso ovidiano (Her. I 36: Hic alacer missos terruit Hector equos) e riferisce i risultati delle sue ricerche in proposito. Anzitutto in risposta al quesito di Paveri Fontana deve escludere categoricamente che qui si possa alludere ai cavalli di Reso, perché questi militava tra gli alleati dei Troiani. La risposta gli è stata offerta dalla Consolatio ad Liviam de morte Drusi (v. 319), dove si legge: hoc erat Andromacae cum vir religatus ad axes / terruit amissos sanguinolentos equos, donde l'idea di emendare il verso ovidiano in esame come segue: hic lacer amissos, data la corrispondenza fra sanguinolentos e lacer.

La Consolatio ad Liviam, di cui è stata dimostrata la pseudepigrafia, è naturalmente per Filelfo e per i suoi contemporanei un'opera genuinamente ovidiana. Per l'incidenza della proposta di F., suffragata dalla lezione lacer admissos in codici tardomedievoli, ignoti a F., nella storia della filologia ovidiana, vd. Ribuoli, cit., p. 144s., ove si rende giustizia a F. di un intervento filologico sovente sottaciuto dai critici.