Ode di rimprovero a Carlo Gonzaga per aver abbandonato Filelfo nella Milano sconvolta dalla peste

Dati opera: Odae III 9
Dedicatario/Destinatario: Gonzaga Carlo 
Fonti: Berlin, Staatsbibliothek - Preußischer Kulturbesitz, Hamilton 511, ff. 74r-76v
Cesena, Biblioteca Malatestiana, S. 23,5, ff. 79r-82r
Chicago, Newberry Library, 103.8, ff. 75r-78r
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 701, ff. 70r-72v
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 11518, ff. 78r-81r
Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 33.34, ff. 74r-76v
Francisci Philelfi Odae, Brixiae, 1497, ff. g4v-g6r
Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 8127, ff. 72v-75r
Lingua: Latino
Incipit: 
Quam mihi nunc opus est mea lux, Gonzaga, latinae
Explicit: 
Ipse metu pereo, Lyda perit venere.
Parole chiave / keywords: amicizia
autobiografia
invettiva
passioni amorose
pestilenza
Regesto: 
F. si rammarica con il Gonzaga per averlo abbandonato nella Milano sconvolta dalla peste; ricordando la profonda amicizia e l'affetto incondizionato che lo legava a Carlo, auspica di potersi ricongiungere a lui, fuggitivo per dissapori insorti con la classe dirigente milanese (vv. 1-18). F. si dichiara smarrito e incerto sulla risoluzione da prendere di fronte a quel flagello, che ha prostrato la città e causato innumerevoli vittime (vv. 19-24). Rievoca così un quadro della Milano precedente alla peste, 'locus amoenus' favorito dalla collocazione geografica, dal clima, dalla fertilità dei campi e dall'abbondanza dei corsi d'acqua (vv. 25-34): tutto ciò viene via via annullato dal rapido espandersi della pestilenza, che rende la stessa esistenza dei cittadini costantemente in bilico tra la vita e la morte; F. ascrive la causa del flagello all'ira divina nei confronti del 'vulgus', che non ha tributato al Visconti onorevoli esequie, condannando anche gli innocenti a scontare quella pena collettiva (vv. 35-46). Impossibilitato a lasciare la città appestata e smarrito circa il destino che lo attende, F. di nuovo rimprovera Carlo per averlo abbandonato senza più dare alcuna notizia di sé; la stessa sorte, del resto, ha riservato alla sua amante Lida (vv. 47-58). Lo mette poi in guardia dai voltafaccia della Fortuna, che gli è momentaneamente favorevole, proteggendolo sotto la Repubblica di Venezia, ma potrebbe presto tornare a mostrarsi ostile: in questo caso, solo una 'virtus' salda e degli amici fidati costituiscono una sicura àncora di salvezza (vv. 59-68). F. si colloca appunto nel novero di quegli amici, per cui esorta il Gonzaga a spiegare i motivi del suo abbandono e del successivo silenzio (vv. 69-72). Passa infine a raffigurargli lo stato di afflizione in cui vive Lida, che quotidianamente si dispera per la sua assenza e invoca la morte (vv. 73-90); manda talora la propria serva da F. per chiedere notizie di lui e si consuma di giorno in giorno per il proprio amore infelice (vv. 69-98).
Indice lessicale: amicus
amor
atrox
decus
exitiosus
fallax
febris
fortuna
ingurgito
livor
lues
lux
multifluus
mutabilis
oblivio
obstrepo
osculum
pestis
plebes
profugus
salus
scelus
spes
tabella
tenebrae
teterrimus
versutus
virtus
Indice onomastico-Persone: Lida 
Muse 
Venere 
Visconti Filippo Maria 
Indice onomastico-Luoghi: Milano 
Venezia 
Note: 
metro: distico elegiaco
Riferimenti bibliografici: Gabriella Albanese, Le raccolte poetiche latine di Francesco Filelfo, in Francesco Filelfo nel quinto centenario della morte. Atti del XVII Convegno di Studi Maceratesi (Tolentino, 27-30 settembre 1981), Padova, Antenore, 1986, pp. 389-458.
Francesco Filelfo, Carminum libri, edizione critica a cura di Veronica Dadà; prefazione di Paolo Pontari, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2020 (Hellenica, 85), pp. 291-6.
Responsabile della scheda: Veronica Dadà (2015-09-28)
Revisore della scheda: Chiara Kravina (2023-03-13)
Ultima modifica: 20-apr-2023
Creazione: 20-apr-2023
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