Lettera-trattato a Cicco Simonetta sul significato simbolico degli alberi della pace e della guerra presso gli Antichi

Dati opera: Epistolae collectae XXXIX 12
Dedicatario/Destinatario: Simonetta Francesco 
Lingua: Latino
Greco Antico
Incipit: 
Petisti a me, principis nostri iussu, quas ego arbores duas putem quarum altera pacem, altera bellum repraesentet
Explicit: 
itaque suae humanitatis ac benignitatis fore ut opem tempestive afferat, ne serum auxilium frustra sit. Vale.
Data attestata o attribuita: Ex aedibus nostris, Mediolani, IIII Kal. Iunias MCCCCLXXIIII.
Luogo: Milano (casa propria)
Data normalizzata: 29-mag-1474
Parole chiave / keywords: etimologia
filologia
lessico
simbologia
Regesto: 
F. risponde alla richiesta inoltratagli da Cicco Simonetta per conto del duca di Milano e relativa al significato dell'albero della pace e della guerra presso gli Antichi. Spiega, quindi, che l'olivo rappresenta la pace perché legato ad Atena-Minerva ed alla composizione pacifica della controversia con Posidone-Nettuno per il possesso dell'Attica. Atena secondo il mito avrebbe inventato l'olivo, come ricorda anche Virgilio (G. I 18-19), ottenendo dai giudici la vittoria e la signoria sulla regione. Anche gli abitanti di Gerusalemme agitarono rami di olivo all'ingresso di Gesù. La palma, invece, come ricordano Aristotele e Plutarco, non si piega neppure sotto il carico di un peso insostenibile e non si spezza, ma invece si risolleva contro il peso e s'incurva in su. Per questa ragione sottolineata da Plutarco si è stabilito che la palma sia il simbolo della vittoria, perché la natura del suo legno non cede all'urto, né alla pressione di chi lo preme. Allo stesso modo nell'assedio di Babilonia narrato da Senofonte per costruire torri presso l'Eufrate sono usati i tronchi di palme, che non si spezzano, ma si piegano all'insù, come gli asini onerari. In greco la palma è chiamata 'phoinix', perché secondo F. al pari della fenice, l'uccello mitico, avrebbe una durata eccezionale, mentre in latino è detta così perché si adornavano con i suoi rami le palme dei vincitori, come dimostra il verso ovidiano (met. X 102). Pertanto il duca Filippo Maria Visconti ha fatto bene ad adornare la corona donatagli da Ladislao di Napoli con due rami di olivo e di palma, a significare l'eccellenza nella guerra e nella pace. Per i Romani, invece, la guerra non era rappresentata dalla palma, bensì dall'alloro, con le cui corone si adornava il capo del comandante vittorioso, come insegna ancora Ovidio (met. I). Anche Atena del resto non è solo la dea della sapienza, ma anche della guerra ed è onorata così sotto il titolo di Pallade, dal greco 'pallein' = 'agitare, scuotere', perché fa tremare la lancia oppure perché ha ucciso il gigante Pallante. Errano, invece, quanti collegano il rovo alla guerra, perché per gli Ebrei il roveto ardente di Mosè significa la servitù del popolo eletto in Egitto. Infine, il cipresso è un albero funerario, ma non ha alcun collegamento con la guerra, né con la pace. F. spera dunque di essere stato di aiuto e non con troppo ritardo.
Autori e testi citati: Aristoteles, Pr. (VII [fr. 229 Rose])
Franciscus Philelfus, Cyropaedia (opus Xenophontis, translatio ex graeco)
Ovidius, met. (I 557-563, X 102)
Philo Alexandrinus, fug. et inv. ([164-167 Wendland])
Plutarchus, qu. conv. (VIII 4, 5 [MM 724E])
Statius, Theb. (II 237, 243, 252)
Vergilius, G. (I 18-19)
Xenophon, Cyr. (VII 5, 11)
Indice lessicale: afflictio
altercatio
arbor
bellum
benignitas
certamen
combustio
coniectura
cupressus
humanitas
inventio
lis
olea
olivus
palma
pax
phoenix
rubus
victoria
’Αθηνᾶ
Παλλάς
πάλλω
Ποσειδών
Indice onomastico-Persone: Areopagiti 
Ebrei 
Egizi 
Gerosolimitani 
Gesù Cristo 
Ladislao, re di Napoli 
Minerva 
Mosè 
Nettuno 
Pallante 
Romani 
Visconti Filippo Maria 
Indice onomastico-Luoghi: Areopago, colle d'Atene 
Attica 
Babilonia 
Egitto 
Eufrate, fiume 
Note: 
- Le nozioni sulla palma di Aristotele e Plutarco sono tratte da Aulo Gellio (III 6, 1-3), che F. parafrasa con minime variazioni, appropriandosi della fonte antiquaria, senza citarla affatto ed appropriandosi il merito della ricollezione delle fonti, che sono, invece, in questo caso chiaramente di seconda mano. Si veda il brano di Gellio citato, per notare la palese dipendenza di F. e il riadattamento del passo per la sua scrittura epistolografica: "Per hercle rem mirandam Aristoteles in septimo problematorum et Plutarchus in octavo symposiacorum dicit. [2] Si super palmae -inquiunt- arboris lignum magna pondera imponas ac tam graviter urgeas oneresque ut magnitudo oneris sustineri non queat, non deorsum palma cedit, nec intra flectitur sed adversus pondus resurgit et sursum nititur recurvaturque. [3] "Propterea, inquit Plutarchus, in certaminibus palmam signum esse placuit victoriae, quoniam ingenium ligni eiusmodi est ut urgentibus opprimentibusque non cedat." F. attribuisce il verso citato delle 'Metamorfosi' di Ovidio al l. VIII, ma si tratta, invece, del X (storia di Orfeo ed Euridice).
Riferimenti bibliografici: Francesco Filelfo, Collected letters. Epistolarum libri XLVIII. Critical edition by Jeroen De Keyser, vol. III, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2016 (Hellenica, 54), pp. 1648-50.
Responsabile della scheda: Salvatore Costanza (2015-02-27)
Revisore della scheda: Chiara Kravina (2023-03-07)
Ultima modifica: 10-mar-2023
Creazione: 10-mar-2023
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