Ni scirem me tibi, pater reverendissime, esse carissimum a quo uno ob singularis tuas divinasque virtutes maxime omnium coleris

Iohannes Petrus Arrivabenus secretarius tuus, vir optimus aeque atque disertissimus, quae mihi in mentem venirent tibi coram exponet. Vale.

F. si rivolge al card. Francesco Gonzaga, pur sapendo che egli è oberato di molti e gravi impegni, pubblici così come privati e che può tacciarlo per questo di essere importuno, ma nondimeno ha il bisogno di esporgli la sua situazione. Dopo la morte del duca Francesco Sforza confidava in una chiamata a Roma da parte di Sisto IV, il quale all'inizio del pontificato gli aveva prospettato grandi speranze di benefici e di carriera, ma non ha dato alcun seguito a tali segnali positivi. Anche il cardinal nepote, Pietro Riario, aveva dato assicurazioni a F., facendogli intendere ottime possibilità. Tuttavia con Sisto IV ancora regnante non si è concretizzato nulla per F., che continua tuttavia a sperare secondo il detto teocriteo, che vi è speranza per i vivi, ma non per i defunti. Soltanto nell'Aldilà poi quando saremo giudicati dal Sommo Sacerdote avremo la giusta ricompensa per i nostri meriti. Infine, il suo segretario Giovanni Pietro Arrivabene gli esporrà in dettaglio dal vivo il caso di F.