Sum ego sane litteras tuas exosculatus etiam atque etiam, utpote quae et suavissimae essent

Nam ego te ob eximias virtutes tuas et egregiam disciplinam plurimum diligo coloque. Vale, pater humanissime.

F. si compiace delle lettere graditissime e molto eloquenti inviategli da Giovanni Andrea Bussi e dal comune amico Teodoro Gaza. All'invito di quest'ultimo ad esortare il duca di Milano alla guerra contro il Turco, F. replica che purtroppo ora i principi, divisi da discordie interne, sono dediti al denaro e non ai fatti d'arme. E prosegue con una considerazione fatalistica, per cui secondo una visione ciclica della storia ad un periodo di supremazia dell'Europa sull'Asia è subentrato uno di segno opposto col predominio dell'Asia. All'invito di Bussi di mandargli un suo commento delle poesie in volgare di Francesco Petrarca, F. nega la paternità dell'opera e dichiara di ignorare il reale autore dell'opera. Si passa, quindi, a considerazioni filologiche e lessicografiche. Manda un avviso a Teodoro Gaza che ὀξία esiste nel lessico botanico latino. Infine chiarisce un'espressione latina oscura ('Iovem lapidem iurare') con aggancio al testo di Polibio, dove è documentata l'alleanza stipulata dai Romani con giuramento per Giove (Δία parossitono, teonimo e non διά ossitono, preposizione),

Il tema del confronto tra Polibio e il passo ciceroniano a fini esegetici è già nell'ep. ad Alberto Scotti.