Quae 'De sacerdotio Christi Ihesu' ex Graeco in Latinum transtuli, hi Romani impressores ita corruperunt

dilectissimae uxoris aegrotatio retardarit. Vale, pater reverendissime et me (quod ultro facis) commendatum habe.

F. si lamenta con il cardinale Marco Barbo della pessima stampa della sua traduzione latina di un'opera greca sul sacerdozio di Cristo, in cui i tipografi per la loro colpa e negligenza hanno introdotto corruttele di ogni sorta, non lasciando quasi alcun luogo sano. Tuttavia, bisogna presentare un esemplare a Papa Sisto IV oppure aspettare il suo ritorno a Roma, che egli spera avverrà a breve, se non subirà ritardi a causa della malattia della moglie Laura. Infine, impetra la benedizione del porporato, confidando nella sua clemenza.

L'opera tradotta da F. è un apocrifo, cui arrise larga fortuna manoscritta. La traduzione di F. del 1476 è dedicata a Sisto IV.