Uter nostrum magis sit accusandus in tanto utriusque silentio, haud facile sim diiudicaturus

et veteros amicos omnis meo nomine salvere iube, in primisque splendidissimos equites auratos Lodovicum Petronem et Benedictum Martinocium.

F. scrive a Francesco Accolti, detto l'Aretino, deplorando il silenzio epistolare intercorso in precedenza e non sapendo se imputarlo alla sua responsabilità o a quella del suo ex discepolo. Del resto propone di non guardare al passato, ma al futuro, costruendo stabili relazioni sulla base del principio enunciato da Giovenale che i precettori sono come i genitori per i loro scolari. Riguardo ai suoi attuali interessi, F. dichiara di continuare le sue fatiche di Sisifo e di essere occupato per il momento nello studio della filosofia morale, che è utile e formativo per la gioventù, che deve essere educata attraverso gli esempi dei classici e sottratta all'ignoranza. Inoltre si rallegra che l'Aretino si trova ora tra i Senesi, dotati di sapienza e grandezza d'animo e lo prega di salutare gli amici, in primo luogo Ludovico Petroni e Benedetto Martinozzi.

I versi di Giovenale cui fa riferimento F. sono citati per esteso nell'ep. XXXVIII 18 del 13 ottobre sempre all'Aretino.