Lettera a Ferrante I d'Aragona con elogio del padre Alfonso ed appello alla Crociata contro il Turco

Dati opera: Epistolae collectae, XL 10
Dedicatario/Destinatario: Ferdinando I d'Aragona 
Lingua: Latino
Incipit: 
Alphonsum regem illum sapientissimum et optimum, patrem tuum, Pherdinande Rex, dicentem praesens coramque audivi
Explicit: 
quem divus Alphonsus pater ad caetera ornamenta ex intimis ac domesticis suis familiaribus in ordine militaris dignitatis et haberi et esse voluit. Vale, Rex optime ac maxime.
Data attestata o attribuita: Ex Mediolano Kalendis Septembribus. Anno a natali christiano MCCCCLXXIIII.
Luogo: Milano
Data normalizzata: 1-set-1474
Parole chiave / keywords: diplomazia, informazioni politico-militari
storia
storia delle crociate
storia dell'Impero turco
Regesto: 
F. indirizza a Ferrante I d'Aragona un elogio fervido del padre di lui Alfonso V, tessendo il ritratto di sovrano impareggiabile, munifico ed amante della giustizia e ricorda di averlo visitato a Napoli, dove si era recato proprio per rendergli omaggio e dal quale F. è stato laureato poeta. Alfonso, alieno dall'ira ed assertore della giustizia, è stato un novello Agesilao e non stupisce che il figlio ne abbia ereditato le virtù, compresa la liberalità e lo sprezzo delle ricchezze. Tuttavia, Ferrante è stato attaccato dal suo rivale Giovanni d'Angiò, seguito da diversi baroni, decisi ad accumulare maggiori ricchezze, ma la loro temerarietà e perfidia è stata punita da Dio. Inoltre Ferrante ha avuto l'aiuto decisivo di Francesco Sforza, duca di Milano, le cui forze erano guidate dal fratello Alessandro e poi da suo nipote, Roberto di Sanseverino, entrambi due comandanti molto forti. Grazie al loro intervento il nemico fu messo in fuga e cacciato dall'Italia, eliminando il pericolo. F. ha ricordato tali eventi non per passare in rassegna le glorie di Ferrante d'Aragona, ma per esortarlo adesso, una volta che ha recuperato stabilmente il regno ad impegnarsi contro i Turchi di Maometto II, la cui tirannide minaccia l'Italia. Il sultano gli ha inviato ambascerie con ricchi donativi e si è congratulato della sua vittoria contro i nemici. In questo momento di prosperità per il suo regno Ferrante deve approfittare per ottenere il dominio su tutta la penisola, che potrebbe conseguire facilmente, una volta liquidata Venezia. Naturalmente, sono state respinte le mosse segrete dei Turchi condotte con falsità per raggiungere un'alleanza e le loro trattative segrete al fine di stipulare un'alleanza matrimoniale, che è proibita tuttavia dalla religione. Al contrario Ferrante ha promesso aiuto ai Veneziani nella loro guerra contro il Turco e al Papa veneziano Paolo II, con ingenti somme di denaro inviate a tale causa. Inoltre, appena appreso il disastro dell'Eubea e la presa di Calcide, intuendo le conseguenze catastrofiche per l'Italia e l'Europa, ha mandato le sue triremi a Venezia, dichiarando che tale sconfitta di una potenza cristiana era motivo di grave dolore e la riteneva una calamità per la Cristianità. Pertanto il re Ferdinando è degno di encomio tra tutti i sovrani cristiani. Peccato che Papa Paolo II non è più tra i vivi e gli è succeduto Sisto V (l. IV), il quale ha deluso le iniziali aspettative positive. Dopo i primi progetti di Crociata, si è invertita la rotta e ora Maometto II si accinge ad invadere l'Albania, dove ormai Scutari è prossima ad essere espugnata. Una volta sottomessa tale regione, i Turchi si avranno di fronte la Puglia, che appartiene ai domini del regno d'Aragona. Ed è solo questione di tempo, perché essi interrompono le loro campagne nell'autunno-inverno per riprenderle la primavera seguente e sempre ritornano sui loro passi. Inoltre sono un esercito di arcieri formidabili, dal momento che fin da bambini si addestrano con l'arco. Con tale strategia di campagne differite hanno occupato ora Calcide e già prima Costantinopoli e Salonicco. Pertanto, a fronte della debolezza dei Veneziani, i quali hanno perduto forze decisive, F. esorta Ferrante a muovere guerra al nemico, onde impedire che completi l'occupazione dell'Albania e rappresenti un pericolo mortale per le prospicienti coste adriatiche del regno aragonese. Altri appelli ha lanciato F. a Sisto IV in tal senso, ma a lui tocca agire in primo luogo, perseguendo la tradizione militare a favore della giustizia che fu di suo padre Alfonso, diventando a sua volta un nuovo Agesilao.
Autori e testi citati: Cicero, off. (III 82)
Indice lessicale: barbarus
bellum
beneficentia
claementia
detrimentum
dignitas
fides
fortitudo
fortuna
gloria
haereditarius
honestas
indignitas
ingratitudo
iniuria
iusticia
laurea
laus
oboedientia
pecunia
periculum
pietas
profligo
pugna
religio
sagipta
sagiptarius
salus
severitas
societas
spes
temeritas
truculentus
tyrannis
virtus
Indice onomastico-Persone: Sanseverino Roberto d'Aragona, conte di Caiazzo 
Agesilao 
Albanesi 
Alfonso V d'Aragona 
Angiò Giovanni II, duca di Calabria (titolare) 
Creso 
Maometto II 
Paolo II 
Sforza Alessandro 
Sforza Francesco I 
Sisto IV 
Turchi 
Indice onomastico-Luoghi: Albania 
Calcide 
Costantinopoli 
Eubea 
Euripo 
Germania 
Italia 
Napoli 
Puglia 
Salonicco 
Scutari, Albania 
Venezia 
Riferimenti bibliografici: Salvatore Costanza, Testimonianze epistolari sulla caduta dell'Eubea (1470): la posizione di Filelfo, alter Nestor, in PHILELFIANA. Nuove prospettive di ricerca sulla figura di Francesco Filelfo. Atti del seminario di studi (Macerata, 6-7 novembre 2013), a cura di Silvia Fiaschi, Firenze, Olschki, 2015 (Istituto nazionale di studi sul Rinascimento. Quaderni di «Rinascimento», 51), pp. 25-46: 45-46 e nota 64.
Francesco Filelfo, Collected letters. Epistolarum libri XLVIII. Critical edition by Jeroen De Keyser, vol. III, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2016 (Hellenica, 54), pp. 1675-1681.
Responsabile della scheda: Salvatore Costanza (2015-04-23)
Revisore della scheda: Giorgia Paparelli (2023-05-26)
Ultima modifica: 2-mar-2023
Creazione: 2-mar-2023
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