Lettera a Cristoforo Moro informandolo sulla natura e consistenza dell'esercito turco
Autore: Filelfo Francesco
Opera: Epistolae collectae XXI 1
Lingua: Latino
Incipit:
Nisi perspecta mihi iampridem cognitaque esset singularis tua praeclaraque animi modestia
Explicit:
ut iam nullis humanis viribus possit extingui. Vale, princeps optime atque integerrime.
Data attestata o attribuita: Ex Mediolano, Idibus Martiis anno a Natali Christiano millesimo quadringentesimo sexagesimo quarto.
Data normalizzata: 15-mar-1464
Parole chiave / keywords: etnografia
storia delle crociate
storia dell'Impero turco
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storia dell'Impero turco
Regesto:
F. loda la modestia del Moro e la sua intelligenza nel tenere in considerazione i consigli che gli vengono dati, al contrario di molti che, assurti ai più alti gradi del potere, disprezzano i suggerimenti di chiunque. Essendo il doge incline per sua natura ad ascoltare i consigli altrui, F. gli si rivolge perché essendo ben informato sulla natura e la consistenza dell'esercito turco, desidera mettere il Moro al corrente di tali informazioni e suggerire le contromisure da adottare.
Le forze militari a disposizione dei Turchi sono notevoli, come si è potuto vedere anche in occasione della terribile sconfitta del re Sigismondo a Nicopoli (Bulgaria). Poco dopo, il bisnonno di Maometto, Bayezid, con quattrocentomila soldati si lanciò contro Timur tamberlano nella Mesia, il quale fu sconfitto e ucciso insieme quasi a tutto il suo esercito. F. prosegue indicando da quali zone dell’Asia e dell’Europa i Turchi reclutano i soldati, per lo più in modo coatto. Descrive poi la composizione dell’esercito: oltre ai cavalieri, vi sono gli arcieri per lo più armati di un piccolo scudo, di spada falcata e di clava; al contrario degli eserciti cristiani, tra di loro sono pochissimi quelli che hanno le aste, e queste sono molto corte e fragili. La fanteria è composta di dodicimila unità, tutti dotati di scudo e di arco e frecce, alcuni usano anche lance piuttosto lunghe. Questi ultimi sono quelli che Maometto usa come guardie del corpo. Due sono i capi della cavalleria, chiamati in turco “bessiadi”, uno per l’esercito asiatico, l’altro per le guarnigioni d’Europa. I fanti, detti “iannissari”, sono pagati quotidianamente in base al merito. F. descrive i singoli reparti dell’esercito turco, sulla base delle missioni e dei compiti che vengono loro deputati.
La scelleratezza e la crudeltà dei Turchi è tale, per cui F. compiange la sorte di quei popoli che sono loro sottomessi e che sono costretti a servirli. Si tratta di gente capace di qualsiasi abominio. Segue l’enumerazione delle nefandezze di Maometto: l’uccisione a tradimento di Nicola Catalusio (?) di Lesbo e di David I Comneno, re di Trebisonda, insieme ai suoi figli; la crudelissima fine riservata a Maomuto, giovane cresciuto insieme a lui e divenuto fedele servitore come generale dell’esercito turco; infine, F. narra di come, il giorno della morte di Amorato (Murad), padre di Maometto, questi uccise senza pietà il proprio fratello, Tursune (Ahmed), che era ancora in fasce, per timore che un giorno potesse divenire suo rivale. La ferocia e la malvagità di un simile uomo non è pari ad alcun altro esempio della storia passata.
Nel vivo desiderio di essere d’aiuto in questo frangente delicato e grave, F. fornisce alcuni consigli strategici al Moro: per la flotta F. non ha nulla da suggerire, mentre afferma che non è affatto necessario assoldare milizie dall’esterno, ma ventimila cavalieri ed altrettanti fanti saranno più che sufficienti a distruggere Maometto e tutte le forze turche. Sono stati inviati al comando di Sigismondo Malatesta tremila cavalieri e cinquemila fanti; inoltre Mattia Corvino, re degli Ungheresi, e anche Giorgio Castriota dall’Albania, e Caramano re della Cilicia stanno preparando una spedizione contro i Turchi, mentre sia dalla Colchide che da Aspendos [Antalia, Turchia] si apprestano a spedire truppe allo scopo di vendicare gli attacchi subiti. Tuttavia, F. mette in guardia il Moro dal fidarsi troppo di loro, poiché sono infedeli e potrebbero anche non persistere nell’intento di sconfiggere i Turchi. Al contrario, sarà molto più utile il contingente che si appresta ad inviare Francesco Sforza, il quale anche se di numero inferiore a quelli degli alleati menzionati prima, per la fama della sua invincibilità diffonderà il terrore nelle schiere avversarie. L’unico alleato su cui si può contare sia per la sua fedeltà che per il coraggio dimostrato in passato e la gloria della sua casata è Mattia Corvino. F. loda inoltre la scelta di Sigismondo Malatesta quale capitano generale dell’esercito, poiché non si poteva trovare uomo più audace ed abile in battaglia; né è da meno Orsatto Giustinian, prefetto della flotta. All’impresa gioverà oltremodo anche la presenza dello stesso pontefice Pio Secondo e di Filippo duca di Borgogna, nonché la vicinanza del cardinale patriarca Bessarione che con la sua sapienza e prudenza, sarà un punto di riferimento per le autorità veneziane. F. conclude la sua lettera esortando i Veneziani a distruggere definitivamente questa terribile minaccia per la cristianità.
Le forze militari a disposizione dei Turchi sono notevoli, come si è potuto vedere anche in occasione della terribile sconfitta del re Sigismondo a Nicopoli (Bulgaria). Poco dopo, il bisnonno di Maometto, Bayezid, con quattrocentomila soldati si lanciò contro Timur tamberlano nella Mesia, il quale fu sconfitto e ucciso insieme quasi a tutto il suo esercito. F. prosegue indicando da quali zone dell’Asia e dell’Europa i Turchi reclutano i soldati, per lo più in modo coatto. Descrive poi la composizione dell’esercito: oltre ai cavalieri, vi sono gli arcieri per lo più armati di un piccolo scudo, di spada falcata e di clava; al contrario degli eserciti cristiani, tra di loro sono pochissimi quelli che hanno le aste, e queste sono molto corte e fragili. La fanteria è composta di dodicimila unità, tutti dotati di scudo e di arco e frecce, alcuni usano anche lance piuttosto lunghe. Questi ultimi sono quelli che Maometto usa come guardie del corpo. Due sono i capi della cavalleria, chiamati in turco “bessiadi”, uno per l’esercito asiatico, l’altro per le guarnigioni d’Europa. I fanti, detti “iannissari”, sono pagati quotidianamente in base al merito. F. descrive i singoli reparti dell’esercito turco, sulla base delle missioni e dei compiti che vengono loro deputati.
La scelleratezza e la crudeltà dei Turchi è tale, per cui F. compiange la sorte di quei popoli che sono loro sottomessi e che sono costretti a servirli. Si tratta di gente capace di qualsiasi abominio. Segue l’enumerazione delle nefandezze di Maometto: l’uccisione a tradimento di Nicola Catalusio (?) di Lesbo e di David I Comneno, re di Trebisonda, insieme ai suoi figli; la crudelissima fine riservata a Maomuto, giovane cresciuto insieme a lui e divenuto fedele servitore come generale dell’esercito turco; infine, F. narra di come, il giorno della morte di Amorato (Murad), padre di Maometto, questi uccise senza pietà il proprio fratello, Tursune (Ahmed), che era ancora in fasce, per timore che un giorno potesse divenire suo rivale. La ferocia e la malvagità di un simile uomo non è pari ad alcun altro esempio della storia passata.
Nel vivo desiderio di essere d’aiuto in questo frangente delicato e grave, F. fornisce alcuni consigli strategici al Moro: per la flotta F. non ha nulla da suggerire, mentre afferma che non è affatto necessario assoldare milizie dall’esterno, ma ventimila cavalieri ed altrettanti fanti saranno più che sufficienti a distruggere Maometto e tutte le forze turche. Sono stati inviati al comando di Sigismondo Malatesta tremila cavalieri e cinquemila fanti; inoltre Mattia Corvino, re degli Ungheresi, e anche Giorgio Castriota dall’Albania, e Caramano re della Cilicia stanno preparando una spedizione contro i Turchi, mentre sia dalla Colchide che da Aspendos [Antalia, Turchia] si apprestano a spedire truppe allo scopo di vendicare gli attacchi subiti. Tuttavia, F. mette in guardia il Moro dal fidarsi troppo di loro, poiché sono infedeli e potrebbero anche non persistere nell’intento di sconfiggere i Turchi. Al contrario, sarà molto più utile il contingente che si appresta ad inviare Francesco Sforza, il quale anche se di numero inferiore a quelli degli alleati menzionati prima, per la fama della sua invincibilità diffonderà il terrore nelle schiere avversarie. L’unico alleato su cui si può contare sia per la sua fedeltà che per il coraggio dimostrato in passato e la gloria della sua casata è Mattia Corvino. F. loda inoltre la scelta di Sigismondo Malatesta quale capitano generale dell’esercito, poiché non si poteva trovare uomo più audace ed abile in battaglia; né è da meno Orsatto Giustinian, prefetto della flotta. All’impresa gioverà oltremodo anche la presenza dello stesso pontefice Pio Secondo e di Filippo duca di Borgogna, nonché la vicinanza del cardinale patriarca Bessarione che con la sua sapienza e prudenza, sarà un punto di riferimento per le autorità veneziane. F. conclude la sua lettera esortando i Veneziani a distruggere definitivamente questa terribile minaccia per la cristianità.
Indice lessicale: bessias
harpe
iannissarius
pelta
harpe
iannissarius
pelta
Indice onomastico-Persone: Asburgo Sigismondo d'
Bayezid I
Bessarione
Caramano
Castriota Giorgio
Davide I Comneno
Filippo III di Borgogna
Giustinian Orsatto
Mahomutus
Malatesta Sigismondo Pandolfo
Maometto II
Corvino Mattia I
Murad II
Gattilusio Niccolò
Pio II
Sforza Francesco I
Tamerlano
Tursune
Bayezid I
Bessarione
Caramano
Castriota Giorgio
Davide I Comneno
Filippo III di Borgogna
Giustinian Orsatto
Mahomutus
Malatesta Sigismondo Pandolfo
Maometto II
Corvino Mattia I
Murad II
Gattilusio Niccolò
Pio II
Sforza Francesco I
Tamerlano
Tursune
Riferimenti bibliografici: Francesco Filelfo, Collected letters. Epistolarum libri XLVIII. Critical edition by Jeroen De Keyser, vol. II, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2016 (Hellenica, 54), pp. 973-993.
Salvatore Costanza, Johannes Hunyadi und Matthias Corvinus in Filelfos Episteln: Laus Hungariae und Türkenkrieg, «Acta Antiqua Academiae Scientiarum Hungaricae», 62 (2022) 1–3, pp. 25–43: 28, 34-37.
Salvatore Costanza, Johannes Hunyadi und Matthias Corvinus in Filelfos Episteln: Laus Hungariae und Türkenkrieg, «Acta Antiqua Academiae Scientiarum Hungaricae», 62 (2022) 1–3, pp. 25–43: 28, 34-37.
Responsabile della scheda: Nicoletta Marcelli (2015-02-25)
Revisore della scheda: Giorgia Paparelli (2023-05-24)
Ultima modifica: 28-feb-2023
Creazione: 28-feb-2023
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Compare nelle collezioni: 03. Philelfiana Re.Phi.Lex. - Repertorium Philelfianum Lexicographicum