Suavissimae tuae urbanissimaeque litterae non mediocri me risu affecere vel in meo domestico luctu, qui, ut es vir doctrina et eloquentia singulari

Ob non nullas occupationes meas diutius tecum esse non possum. Vale, vir clarissime, et me ama, qui te plurimum observo.

Ringraziando sentitamente Paolo Mauroceno per la sua epistola consolatoria in occasione della perdita della moglie, F. replica, tuttavia, ai suoi argomenti paradossali secondo i quali dovrebbe rallegrarsi per la vedovanza, essendo liberato dalla sciagura del vincolo matrimoniale. Al contrario secondo il precetto biblico del ''crescete e moltiplicatevi'' gli uomini sono chiamati da Dio al progetto nuziale e procreativo, e Cristo ha benedetto le nozze con la sua presenza alla festa di Cana attraverso il miracolo della trasmutazione dell'acqua in vino e l'istituzione del sacramento del matrimonio. Dunque F. respinge l'esposizione di Mauroceno come un gioco retorico condotto con la sua brillante eloquenza oratoria e tenta di consolarsi con l'idea di dover sottostare alla legge naturale della necessità.