Nemo caelicolas adeo sibi, Cicche, benignos

me fortuna facit, si mea dicta refers.

Nell'esordio del carme F. dichiara che Dio ha elargito agli uomini beni e mali in parti uguali, affinché nessuno sia superiore all'altro; così un individuo può essere ricco, ma afflitto da malattie, avere l'eloquenza di Nestore ed essere in povertà, essere forte e stolto al contempo, come Milone, avere la bellezza ed esser colpevole di atti vergognosi. Unica eccezione a questo principio di equilibrio è Francesco Sforza, che non manca di alcuna qualità: prestanza fisica, forza, eloquenza ed ogni tipo di virtù. Neppure la fortuna ha osato opporsi al duca, per non rischiare di essere sconfitta; Dio stesso gli ha infatti concesso il comando, grazie al matrimonio con Bianca Maria Visconti. L'eccezionalità di Francesco Sforza permette anche a F., che lo ha posto al centro della sua poesia, di distinguersi fra retori e poeti antichi. L'epigramma si conclude con la preghiera al Simonetta di riferire le parole del Tolentinate al duca stesso.

Metro: distici elegiaci; 38 versi.